Nella prospettiva dell’ormai prossimo varo del “Documento di economia e finanza” 2022, va sottolineato che al posto di politiche fiscali neutrali – o addirittura restrittive come nel caso dell’Italia – servono interventi espansivi per contrastare le spinte recessive determinate dalla crisi energetica, amplificate a dismisura dallo scoppio della guerra.
La doppia conferma a marzo, di Commissione ed euro gruppo, dell’orientamento restrittivo delle politiche di bilancio nei paesi ad alto debito, appare addirittura surreale. Oggi il prezzo del gas europeo è quasi otto volte quello di un anno prima e ciò determina devastanti effetti recessivi a fronte di una dipendenza energetica nell’Unione Europea dell’83,6%. In particolare, per il gas proveniente dalla Russia la dipendenza UE è del 38,1% , quota che sale al 43,3% in Italia e al 65,2% in Germania.
L’Italia registra poi il più ampio deterioramento del saldo import-export di energia tra i 27 paesi dell’Ue e una forte perdita di competitività delle imprese. Dopo la revisione da parte dell’Istat dell’import di gas, a gennaio 2022 la bolletta energetica arriva a 49,2 miliardi di euro, 28 miliardi in più rispetto ai dodici mesi precedenti, un peggioramento pari a 1,6 punti di PIL.
Sarà molto difficile per le economie europee contrastare una crisi energetica con effetti profondi e prolungati, senza interventi fiscali in deficit e il conseguente ampliamento del debito pubblico: nelle comunicazioni del 23 marzo il presidente del Consiglio Mario Draghi, ritenendo che molti degli investimenti necessari non sono finanziabili con le sole risorse nazionali, indica l’obiettivo di una risposta comune alla crisi, utilizzando l’esperienza di debito congiunto di Next generation EU.
Nelle conclusioni del Consiglio Europeo del 24 e 25 marzo 2022 si considera un pacchetto di misure temporanee, tra cui il quadro per gli aiuti di stato e la tassazione dei proventi straordinari come fonte di finanziamento nazionale, ma non si fa alcun riferimento a uno sforzo fiscale comune.